ESCLUSIVA, Ernesto Paolillo: "Superlega, avrei detto subito no. Il calcio si sarebbe impoverito. Moratti un signore, Mourinho mi sorprese così col Barça. Ecco dove abbiamo sbagliato nel post-Triplete..."

22.04.2021 08:59 di Marco Corradi   vedi letture
© foto di Alberto Fornasari
ESCLUSIVA, Ernesto Paolillo: "Superlega, avrei detto subito no. Il calcio si sarebbe impoverito. Moratti un signore, Mourinho mi sorprese così col Barça. Ecco dove abbiamo sbagliato nel post-Triplete..."

Ernesto Paolillo è stato senza dubbio uno dei più apprezzati dirigenti sportivi degli anni Duemila, e ha legato indissolubilmente il suo nome all'Inter. Nato a Bari 75 anni fa, Paolillo legò inizialmente il suo nome all'economia e all'alta finanza, per poi unirsi all'Inter nella gestione-Moratti: in nerazzurro è stato membro del CdA con deleghe al settore giovanile e amministratore delegato dal 2006 al 2012, mettendo la sua firma come ad su cinque scudetti, tre Coppe Italia, quattro Supercoppe Italiane, una Champions League e un Mondiale per Club. Paolillo ha vissuto l'era del Triplete, ma anche l'inizio del successivo calo dell'Inter: fu, da membro del consiglio UEFA, uno dei promotori del Fair Play Finanziario. Ai nostri microfoni, Paolillo ha commentato la questione-Superlega, la situazione dell'Inter di Antonio Conte e Suning e non solo, facendo anche un viaggio nei suoi ricordi nerazzurri e... spezzini. Paolillo fu, infatti, anche presidente dello Spezia quando era di Massimo Moratti. Ecco le sue parole ai microfoni di Nicoloschira.com.

NO ALLA SUPERLEGA - "Sono contrario alla Superlega, ma ne ho capito le ragioni di fondo, anche se la soluzione era decisamente sbagliata. Questo calcio è effettivamente malato, un'industria che spende troppo e non riesce a catturare ricavi a sufficienza per coprire le spese: è un discorso che esula dalla situazione-COVID perchè i deficit c'erano anche prima. È nato così questo tentativo di risolvere il problema, ma solo per pochi, quei club che hanno una storia importante e tanti trofei, che decidono di fare un torneo tutto loro. Il ragionamento è sbagliato, perchè se queste squadre sono arrivate ad entrare nell'elite è proprio perchè hanno vinto i campionati nazionali. Il progetto, com'era stato pensato, aveva poco senso. Con 20 o 30 club avrebbe acquisito tutt'altra forza".

LE PAROLE DI FLORENTINO PEREZ - "Rispondo a Florentino Perez dicendo che il vero rischio di default del calcio arriva proprio se viene fatta la Superlega, che era tutt'altro che salvifica. Le società che non avrebbero fatto parte del torneo, così come i campionati e le leghe, si sarebbero improverite, coi trofei nazionali che perderebbero sponsor, introiti e appeal di fronte a un torneo sovranazionale. Perez aveva citato la possibilità di accogliere dei club (5, ndr) per meritocrazia, ma non era chiaro come sarebbe questo passaggio delle società nella Superlega. Che interesse avrebbe avuto l'UEFA a organizzare una Champions che sarebbe secondaria a un trofeo "privato", simile all'Eurolega di basket? Trovo il tutto molto pericoloso. 12 squadre si arricchiscono, le altre perdono tantissimo. Servirebbe un modo per aumentare i ricavi dell'intero sistema calcio, non solo per pochi eletti che giocano tra di loro. Match di Superlega in Asia, USA ed Emirati? Quando i miei figli erano bambini li portavo a vedere gli Harlem Globetrotters, se il calcio voleva diventare questo...". 

I COSTI ECCESSIVI DEL CALCIO - "Rummenigge ha fatto un discorso che condivido, quello sugli eccessivi costi del calcio e sulle spese eccessive per le commissioni degli agenti. Ormai assistiamo ad autentiche follie. Non ho visto, con la crisi del COVID e i minori introiti dei club, i club dare una frenata agli agenti e alle loro richieste riguardo agli stipendi dei calciatori e/o le commissioni per i trasferimenti. Trovo paradossale che, al contrario, ci sia la rincorsa ad accontentarli e alzare ulteriormente i costi: è una follia. Se io ho un'azienda dove il costo delle materie prime che mi vengono fornite continua a salire, io penso a mantenere sempre un prodotto di qualità, ma andando a cercare le stesse materie prime altrove, così da evitare il bilancio in perdita. Qui si sta facendo tutto l'opposto, e del taglio dei costi non ne parla nessuno. Se poi, all'oggettivo problema dei minori introiti da stadi e sponsor per il COVID, si trova come unica soluzione la Superlega dicendo agli altri "arrangiatevi", non so che dire...".

IL FAIR-PLAY FINANZIARIO - "Fui uno dei creatori e promotori di questo sistema da dirigente dell'Inter e membro del Comitato Esecutivo UEFA. Lo criticano tuttora perchè ha funzionato, aumentando la possibilità di competere ad altri club oltre ai soliti noti, pur essendo severi nei propri bilanci. Si potevano fare acquisti solo se i bilanci lo permettevano. Il FPF ha sanato il calcio, perchè se andiamo a vedere quali erano le sommatorie dei debiti delle squadre di calcio e i deficit di bilancio, comparandole coi dati attuali, vediamo che il Financial Fair-Play ha funzionato. Ciò che non ha funzionato è il sistema di controllo,  l'aver consentito ad alcuni club di "svincolarsi" dal FPF con sponsorizzazioni fasulle, sponsorizzazioni gonfiate e quant'altro. Se io sono proprietario di un club e di una compagnia aerea, e mi autosponsorizzo coprendo così le perdite della squadra, il FPF viene aggirato e questo non sarebbe dovuto accadere nelle nostre idee originarie. Non andava permesso. Posso riassumere il mio pensiero dicendo che ha funzionato il Financial Fair Play, e non hanno funzionato le sanzioni. I club ricchi sono rimasti ricchi, i club "poveri" o in difficoltà essendo sanzionati sono diventati più poveri: se fosse stato applicato il sistema, questo non sarebbe dovuto accadere perchè non rientrava nella filosofia con cui era nato il provvedimento, che era quella di riequilibrare. Ovviamente club virtuosi come il Bayern, che hanno ricavi mostruosi e sanno gestire al meglio le finanze, hanno beneficiato del FPF e sono diventati ancora più ricchi. Ma non sarebbe dovuto accadere lo stesso per club come il Barcellona, che hanno sommato debiti, oppure l'Inter e il Milan e anche la Juventus attuale quando hanno effettuato spese al di sopra delle proprie possibilità. Questi club, così come coloro che hanno aggirato il FPF, andavano sanzionati tanto da non poter competere".

L'INTER E MASSIMO MORATTI - "Massimo Moratti è stato un grandissimo presidente, un presidente-manager e imprenditore che sapeva dirigere l'intera società alla perfezione. In secondo luogo era un assoluto tifoso, il primo tifoso dell'Inter. Questo attaccamento di cuore e d'animo alla squadra si percepiva, lo trasmetteva e si notava nel saper rinforzare la squadra quand'era necessario, cosa che non è mai mancata nei 18 anni di Inter. Si intendeva di calcio, viveva di calcio dalla mattina alla sera. Ha saputo e voluto costruire una società e una squadra vincente. Il Triplete è stato per noi un grande premio: con tutti i suoi sforzi e la sua passione Moratti meritava di raccogliere tanto, e senza certe vicende oscure avrebbe raccolto molto di più. Proprietà tifose come quella di Moratti mancano al calcio mondiale, e forse proprio questo ingresso di fondi e proprietà straniere che vedono il calcio come industria ha favorito l'idea della Superlega. Stanno entrando in gioco interessi economici superiori a quelli emozionali, il mondo del football sta cambiando. Guardate le squadre italiane, ormai le proprietà nostrane stanno diventando l'eccezione di fronte a quelle straniere".

IL TRIPLETE - "L'adrenalina di ogni partita moltiplicatela per tutte le partite di campionato per arrivare a vincere lo scudetto, per tutti i match di Coppa Italia per vincere la finale, per tutte le sfide europee che hanno portato a vincere la Champions League. Un successo indimenticabile, che vivrà per sempre nei miei ricordi".

MOURINHO - "Il Mourinho dell'Inter era motivato ad andare a vincere laddove non si vinceva da quasi mezzo secolo (la Champions, ndr), ed era bravissimo perchè cambiava l'ambiente: motivava, costruiva squadre vincenti, cambiava tutto. Il Mourinho seguente, che ha vissuto ambienti già vincenti e abituati a un certo livello, non è riuscito più a sostenere il suo stesso retaggio e mantenersi ad altissimo livello. Lo vedevo paradossalmente più al PSG, dove provano da anni a vincere la Champions League senza riuscirci, piuttosto che al Manchester United o al Real che vincono sempre. Non dimentichiamoci poi che, quando si è vincenti e si è stati vincenti come Mourinho, ci si affeziona alla propria forma mentis e a schemi che sono stati vincenti in quell'epoca. Ma siccome le epoche cambiano, cambiano gli avversari, cambiano le idee tattiche e cambiano i giocatori a livello atletico e psicologico, è difficile restare sempre sul pezzo e vincenti. Oggi a livello atletico farebbero fatica anche campioni come Maradona. Per non parlare della mentalità diversa dei giocatori attuali. Gli allenatori sono cambiati ed è difficile restare al passo dei tempi, mantenendo le stesse abitudini. Mourinho però aveva dimostrato di saper cambiare, quindi mi aspetto che riesca a reagire alle sue difficoltà. All'Inter e nelle avventure precedenti aveva dimostrato di saper entrare nelle teste e nei cuori dei giocatori, ora sempre più spesso si scontra con le squadre e arriva al muro contro muro, è successo anche al Tottenham. Purtroppo la leadership si conquista sul campo, e non per meriti storici. Mourinho però può tornare grande".

L'ANEDDOTO SU MOU - "Ricorderò sempre la grande lezione che mi diede mentre stavamo andando a Barcellona per giocare la semifinale di Champions contro i blaugrana. Io venivo dal mondo della finanza e cercavo di imparare il più possibile da lui, e alla vigilia della partita mentre stavamo parlando mi disse: "Dottore, lei chi pensa che schiererò a marcare Leo Messi?". Io risposi Javier Zanetti, poi provai vari nomi dicendo delle castronerie grandiose e Josè me li smontò uno a uno spiegando perchè gli servivano in altre zone del campo. A un certo punto, dopo aver provato ogni nome, gli chiesi apertamente la soluzione all'enigma e mi rispose "Dottore, pensi bene al motivo per cui Samuel Eto'o è venuto da noi. Era furioso con Messi perchè guadagnava più di lui. Quindi lo marcherà lui, perchè le motivazioni che potrebbe avere Eto'o a marcare Messi non le avrebbe nessuno". Fece così e fu una delle mosse chiave per passare il turno, chiedendo un enorme sacrificio all'attaccante camerunense e a un grande campione". 

IL POST-TRIPLETE - "I giocatori erano arrivati alla spremitura totale. Mourinho fu bravo a intuirlo e andò al Real Madrid. I ragazzi erano invecchiati, stanchi, avevano dato il 120% nella stagione precedente e non potevano darlo più. La squadra andava rinnovata, ringiovanita e svecchiata, anche a costo di fare qualche passo falso prima di tornare a vincere, e a noi mancò il coraggio di prendere decisioni forti e magari impopolari per aprire un nuovo ciclo, sciogliendo una squadra che ci aveva dato così tante soddisfazioni. Pochi, sia tra i tifosi che nella rosa stessa, avrebbero accettato di disfarsi di 7/11 della squadra e di un'Inter vincente. Il mio grande rimpianto, da dirigente, è quello di non essere riuscito a convincere il presidente e la dirigenza a vendere alcuni giocatori che avevano dato tutto e avrebbero portato grandi plusvalenze e a un grande rinnovamento della squadra. C'è stata la corsa, di molti giocatori, a chiedere l'aumento di stipendio e nostra a rinnovare, e non quelle riflessioni sul futuro e sui cambiamenti nella rosa che avremmo dovuto fare. Avendo vinto tanto, avremmo dovuto avere il coraggio di cambiare. Ho il rammarico di non aver avuto la forza d'animo per far passare quello che era un mio pensiero: dover cedere dei big per rinnovare la rosa".

L'INTER ATTUALE E LA CORSA-SCUDETTO - "Provo emozioni fortissime nel vedere l'Inter tornare a lottare per lo scudetto. Il modo in cui i ragazzi festeggiano le vittorie e i gol segnati mi fanno rivedere l'entusiasmo di un gruppo e di un'Inter che vuole vincere. Un gruppo che mi ricorda quello che ho vissuto da dirigente, seppur con caratteristiche diverse.. Antonio Conte sta facendo un lavoro pazzesco, fortissimo, e mi auguro che possa arrivare lo scudetto anche per premiare il grande lavoro che stanno facendo due dirigenti come Marotta e Antonello. Meriterebbero di aprire un ciclo vincente e vincere tanti scudetti. Mi ha sorpreso Eriksen, perchè ha saputo psicologicamente superare un momento molto difficile dal punto di vista personale: era stato messo in discussione e avrebbe potuto cedere, invece ha lottato ed è diventato fondamentale".

I PROBLEMI DI SUNING - "Non mi aspettavo che potessero sorgere quei problemi con Suning, ma non è colpa loro: è cambiato tutto in Cina dopo il COVID, col Governo locale che ha imposto delle limitazioni sugli investimenti dall'estero e reso tutto più difficile e complicato per chi investiva nel calcio e al di fuori dal Paese. Suning non poteva far altro che adeguarsi. Sono stati bravi Marotta e Antonello a tenere in piedi la squadra in un momento di difficoltà nel quale non potevano pagare gli stipendi. Il gruppo non ne ha risentito perchè loro si erano conquistati la piena fiducia della squadra, e l'hanno saputa mantenere. Questo è un grande merito. Sul futuro societario e l'ingresso di possibili soci non mi esprimo. Dico però che al posto di Suning non avrei mai aderito alla Superlega e mi sarei schierato nel fronte del Bayern e di Rummenigge".

L'ESPERIENZA ALLO SPEZIA - "L'Inter ha affrontato lo Spezia, di cui ho bellissimi ricordi. Arrivai nella società in un momento difficilissimo: il club stava per fallire quando venne acquistato da Moratti, quindi sia la squadra che l'ambiente erano in gravi difficoltà dal punto di vista psicologico ma anche tecnico. Noi subentrammo e decisi di portare con me i migliori giocatori della Primavera: Beppe Baresi, che era coordinatore della Primavera stessa, non fu contento di vedersi strappare Cordaz, Dellafiore, Beati e Meggiorini, ma ero convinto che servissero la loro qualità e il loro entusiasmo per rilanciare l'ambiente. Riuscimmo a portare linfa nuova, i giocatori e la squadra (che era molto vecchia) ottennero motivazioni e riuscimmo a vincere la Coppa Italia di Serie C, che equivaleva quasi a uno scudetto vedendo il punto da cui eravamo partiti e le difficoltà che avevamo incontrato. Abbiamo posto le basi, dando un'organizzazione e un'ossatura importante alla squadra, per i successivi risultati e le successive promozioni della squadra. Portai con me, oltre ai giovani talenti della Primavera che conquistarono i veterani e furono fondamentali, anche un giovane Piero Ausilio, che allora era un dirigente del settore giovanile. Io avevo la delega al Settore Giovanile e lo volli con me perchè era un grande intenditore del mondo del calcio e dei giocatori: potevi parlargli di qualsiasi giocatore o di qualsiasi squadra e lui sapeva davvero tutto. Sono stato un suo grande estimatore e poi l'ho riportato con me all'Inter e l'ho affiancato a Branca dopo l'addio di Oriali: meritava più responsabilità per le sue enormi conoscenze del calcio e la sua competenza, ed era un dirigente affamato. Lo scelsi ad occhi chiusi allo Spezia, lo portai con me insieme ai migliori del Settore Giovanile e sono contento dei suoi grandi risultati come dirigente negli anni seguenti". 

IL SETTORE GIOVANILE - "All'Inter abbiamo sempre speso molto nel Settore Giovanile, tant'è vero che Mourinho inserì nella rosa del 2009/10 Santon e Balotelli, che vinsero con noi il Triplete da protagonisti. Da dirigente che ha sempre tenuto d'occhio e curato il vivaio, mi spiace vedere il modo in cui viene sottostimato attualmente. La Primavera e i giovani talenti non arrivano più in prima squadra, ma vengono trattati come materiale da plusvalenze. Sono amareggiato e dispiaciuto, società che hanno grandi settori giovanili come l'Inter dovrebbero aggiungere e provare a inserire in prima squadra i migliori del vivaio di anno in anno, come faceva il Barcellona o come ha fatto il Bayern recentemente. Lanciare un giovane talento all'anno nel proprio club, senza prestarlo agli altri, dovrebbe essere un obiettivo e un imperativo per una grande società. L'Inter ha avuto negli anni materiale di altissimo livello: recentemente Zaniolo, ma mi viene da pensare al primo scudetto che vinsi con la Primavera, dove avevamo in difesa Bonucci, Giulio Donati e Caldirola, e davanti Biabiany, Destro e Balotelli. Giocatori che hanno fatto un discreto percorso negli anni a venire (ride). Ho un ricordo personale su Duncan, che era un ragazzo notevole e mi sarebbe piaciuto veder emergere nell'Inter, perchè poi quando si viene scartati dai grandi club o si falliscono i vari prestiti, ci si perde. Ero contrario alla Superlega anche perchè avrebbe sancito la "morte" dei settori giovanili: i ragazzi verranno lanciati sempre meno dai grandi club".

© 2024 Nicolò Schira

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