ESCLUSIVA - Berni: "Lukaku è un fenomeno, mi ricorda Vieri. Handanovic il miglior portiere con cui ho giocato. Vi dico tutto sui 6 anni all'Inter. Pioli il segreto del Milan. Futuro? Pronto a tornare tra i pali..."

05.02.2021 09:00 di  Redazione NS   vedi letture
© foto di Federico De Luca
ESCLUSIVA - Berni: "Lukaku è un fenomeno, mi ricorda Vieri. Handanovic il miglior portiere con cui ho giocato. Vi dico tutto sui 6 anni all'Inter. Pioli il segreto del Milan. Futuro? Pronto a tornare tra i pali..."

In esclusiva ai nostri microfoni e sul nostro canale Twitch (@NicoSchiraOfficial) è intervenuto nei giorni scorsi Tommaso Berni, storico ex terzo portiere dell'Inter. Il portiere toscano ha vestito in carriera anche le maglie di Lazio, Ternana, Sampdoria, Salernitana, Torino, Braga e Wimbledon. Ecco le parole dell'estremo difensore fiorentino. 

GLI ESORDI - "Ho cominciato a giocare a nove anni, quando mi sono trasferito nel Mugello e nella zona di Firenze per il lavoro di mio papà. Pensate che giocavo da attaccante. Poi, non so perchè, mi sono ritrovato ad andare sempre più indietro e dopo qualche anno mi sono ritrovato in porta: volevo emulare mio fratello, di dieci anni più grande di me, che giocava tra i pali. Mi sono trovato bene e ho vissuto la mia carriera da portiere. Lasciai la Fiorentina per lo Sporting Arno, società locale e molto più piccola, fu una scelta tanto coraggiosa quanto semplice. A Firenze mi ero allenato con Pazzagli, che ha contribuito enormemente alla mia crescita e purtroppo è mancato da poco, però succedeva quella che ora può sembrare una cosa assurda: eravamo tre portieri e giocavamo sempre, scientificamente, un tempo a testa. Uno giocava il primo tempo, uno il secondo, l'altro stava a casa e giocava il primo tempo della gara successiva e così via. A fine stagione mi ero reso conto che avevo giocato davvero poco, e a quell'età ti vuoi divertire oltre a crescere: allo Sporting Arno mi garantivano la possibilità di giocare, arrivammo alle fasi nazionali e mi sono messo in mostra, facendo tanti provini. Da uno di questi arrivò la chiamata dell'Inter".

IDOLI - "Per un discorso anche fisico e di somiglianza, adoravo Peruzzi, con cui ho giocato assieme alla Lazio e sono amico tuttora. Da ragazzino, anche se non ci sono tanti anni di differenza, ero rimasto folgorato da Buffon. Loro due, a mio avviso, sono stati i portieri più forti della Nazionale negli anni Duemila".

LA PRIMA VOLTA ALL'INTER - "Arrivai all'Inter alla fine degli anni Novanta. L'ambiente era positivo, eravamo molto seguiti e non lasciati a noi stessi: avevo 13/14 anni e ricordavo che i primi mesi non furono facili. Da ragazzino ti lamenti di avere la famiglia attorno, poi però i miei genitori, mio fratello e gli amici della scuola mi mancavano tantissimo. Dopo i primi sei/sette mesi, mi sono ambientato e ho trasformato l'Inter nella mia nuova casa. A posteriori, posso dire che i sacrifici fatti hanno pagato. In quegli anni mi allenavo con Castellini, lo storico preparatore dei portieri di quell'Inter, e chiedevo sempre di potermi fermare a vedere i fenomeni nerazzurri che mi sembrano inarrivabili. Vedere dal vivo Vieri, Recoba, Ronaldo, Baggio e Zamorano era come vivere in un videogioco: avevano velocità d'esecuzione clamorose, facevano cose irreali per noi comuni mortali".

IL WIMBLEDON - "Ho avuto la fortuna di giocare in tutte le nazionali giovanili, fino all'Under-21, e durante un torneo a Bari mi notò il Wimbledon, che giocava in Premier League. Mi offrivano un posto in prima squadra e, anche se avevo 18/19 anni, accettai subito: fu un'esperienza di vita importante, perchè andai all'estero, dovevo imparare una nuova lingua, vivere in una città enorme come Londra, saper gestire un appartamento per conto mio ecc. Fu bellissimo: giocavo nel campionato Riserve, che era una di mezzo tra la 1a squadra e il settore giovanile, e magari ti trovavi contro quegli elementi che non venivano impiegati oppure dovevano rifarsi la gamba dopo un infortunio: ricordo che affrontammo l'Arsenal e sfidai giocatori leggendari dei Gunners come Parlour, in stadi con 5mila persone. La mentalità inglese l'ho sposata appieno: dare tutto in allenamento e in campo, e poi dedicarti ad altro nel tempo libero. Ci sono meno pressioni a livello mediatico, si evitano tutti gli stress nel post-gara e dopo i 90 minuti".

LA TERNANA - "Ho fatto due anni e mezzo al Wimbledon, che poi nell'anno del mio addio ha avuto problemi societari: si è divisa la società dopo la retrocessione e il club storico è stato comprato dai tifosi. Volevo restare in Inghilterra, ma arrivò la chiamata della Ternana e la accettai subito, perchè mi davano la possibilità di mettermi in mostra: avevamo una squadra davvero forte, con Kharja, Zampagna e giocatori di altissima qualità, e sfiorammo la Serie A. Furono tre anni bellissimi, peccato perchè nel primo anno perdemmo in extremis la promozione, però ebbi la fortuna di fare tantissime partite e giocare discretamente bene".

LA LAZIO - "Fu una sorpresa, perchè nell'ultimo anno con la Ternana eravamo retrocessi e realizzai un sogno, quello di conoscere e vedere da vicino Peruzzi che era il mio idolo. Mi sono messo a disposizione, volevo dimostrare che potevo starci in Serie A e ho vissuto cinque anni molto intensi e ricchi di soddisfazioni".

SIMONE INZAGHI - "Simone era ed è tuttora un perfetto uomo da spogliatoio, oltre ad essere un grande giocatore e intenditore di calcio. Non mi ha sorpreso la sua carriera da allenatore, aveva già le idee chiarissime quando giocava: con la Lazio, all'Inter, ci ha spesso messo in difficoltà".

COMPAGNI E ATTACCANTI - "Ho giocato con tantissimi attaccanti forti. Zampagna e Mario Frick nei miei primi anni, Lukaku che è una forza della natura, Icardi che è uno dei più forti negli ultimi 16 metri, Pandev a cui non toglievi mai la palla, Zarate e Rocchi, Eder. Voglio citare anche Jimenez, che a vent'anni ha fatto cose incredibili e ha raccolto meno di quanto meritava".

DELIO ROSSI - "Ho un ottimo ricordo di lui. Mi ha fatto esordire in Serie A con la Lazio e gli sarò sempre grato, poi l'ho ritrovato alla Samp e abbiamo raggiunto una salvezza insperata. Ha sempre lanciato tanti giovani e proposto un ottimo calcio: arrivammo terzi vincendo derby, grandi partite e giocavamo molto bene. Ha fatto grandi cose".  

LA SALERNITANA - "Ho scoperto una città bellissima, che non conoscevo, e vissuto un'esperienza meravigliosa. Fu un anno duro, perchè dovevamo rincorrere la salvezza, ma molto positivo: ho giocato 16 partite dopo anni che non giocavo con continuità, e ricorderò sempre quello stadio e quella curva caldissima. Ricordo ancora un rigore che parai, quando la curva dell'Arechi rischiò di venir giù: da un lato esultavo, dall'altro temevo seriamente per i tifosi. Spero che il pubblico possa tornare presto, a noi giocatori serve come il pane". 

L'ESPERIENZA IN PORTOGALLO - "Fu un anno bellissimo. Giocavo nello Sporting Braga, ci allenava Jardim e riuscimmo a giocarci il campionato fino alle ultimissime giornate. Centrammo il record di vittorie consecutive, poi purtroppo ci fu un calo nelle ultime giornate e arrivammo terzi. Un peccato, ma ricordo l'esperienza con piacere".

IL TORINO - "Ci ho giocato nel 2013/14, il Toro di Ventura con D'Ambrosio, Gazzi, Bovo e davanti Cerci e Immobile. Il mister voleva giocare sempre col possesso palla, cosa non scontata quanto si gioca lì nel centro-classifica, e fu un anno interessante. Ricordo con piacere la rimonta col Genoa: due eurogol che ci lasciarono tutti di sasso e fecero quasi venire un infarto al mister (ride, ndr)". 

LE SUE SQUADRE - "Essendo nato e cresciuto a Firenze, tifavo e tifo Fiorentina. Lazio e Inter, però, essendo stato così tanti anni in rosa, hanno un posto speciale nel mio cuore. E mi sono trovato bene in ogni squadra: ho lasciato un bel ricordo ovunque sono stato".

I SUOI ALLENATORI - "Dovrei citare ogni allenatore dei portieri che ho avuto, perchè mi hanno aiutato a migliorare e crescere. A livello di squadra, Luciano Spalletti e Antonio Conte hanno una marcia in più. Non posso però dimenticarmi di Pioli, una persona meravigliosa con cui sono in contatto, oppure Delio Rossi che mi ha fatto esordire in A e Brini che mi ha dato tanta fiducia a Terni. Antonio Conte e Luciano Spalletti, però, a livello tattico, sono i migliori che io abbia avuto". 

CONTE E SPALLETTI - "Con entrambi ho avuto un rapporto di stima e fiducia: avevamo tutti grande voglia di riportare l'Inter in alto. Si somigliano perchè sono due "comandanti", che sanno gestire 20/25 campioni e fanno un grande lavoro fisico e tattico. Hanno modi di scherzare molti diversi: uno è di Firenze, l'altro del Sud e devi saperli prendere. Una volta che li capisci, sono molto simpatici".

INTER, IL RICORDO PIÙ BELLO - "L'emozione provata a ritornare in Champions League, con l'ultima partita contro la Lazio e il gol di Vecino, è veramente forte. Non riuscii neanche ad uscire dalla panchina, sono scoppiato in lacrime. Ho avuto la fortuna di vivere tanti derby importanti: ho giocato quelli di Milano, di Torino, di Genova e di Roma". 

I SUOI DERBY - "Nei derby tra Lazio e Roma ci sono famiglie che si dividono in quel giorno: a Formello il giovedì c'erano 6mila persone all'allenamento con fumogeni e cori. A Genova è tutto più tranquillo: molto britannico, coi tifosi di Genoa e Samp che magari viaggiano assieme. Toro-Juve è una forte rivalità, con due società dalla storia importante. Ma quello di Milano, con San Siro stracolmo e quelle tifoserie, è imbattibile. Ricorderò sempre il derby vinto in rimonta, da 2-0 a 4-2 nella ripresa: ero in tribuna di fianco a Lautaro perchè ero stato espulso, fu un'emozione indescrivibile perchè non ci saremmo mai aspettati di vincere dopo quel primo tempo". 

I "REGALI" DELLO SPOGLIATOIO - "Quando io e Lautaro ci siamo fatti espellere contro il Cagliari, abbiamo dovuto fare dei regali alla squadra. Ci sono delle regole "non scritte": quando si fanno delle sciocchezze come quelle che avevo commesso io, bisogna regalare qualcosa alla squadra e farsi perdonare. Io regalai degli airpods, lui un camion di televisori: il suo regalo era più bello del mio, ma fu senza dubbio un momento per cementare il gruppo e farsi due risate assieme".

LE SUE ESPULSIONI - "Non vanno prese come esempio, però vivendo dalla panchina, vivi il match in maniera completamente diversa. Ti viene fuori una carica diversa, la vivi da tifoso. Ci stavamo giocando tanto, volevamo vincere il titolo e ogni punto perso era molto pesante: mi sono lasciato andare un paio di volte e sono stato espulso due volte senza neppure giocare. Ribadisco però (ride) che la seconda volta non avevo detto niente!".

LO SPOGLIATOIO DELL'INTER - "Eravamo in tanti "casinisti" all'interno dello spogliatoio nerazzurro. Nell'ultimo anno io, Barella, Biraghi e Bastoni ci divertivamo a prendere in giro i ragazzi più introversi. Facevamo tantissimi scherzi a Brozovic, che è un po' permaloso, ma in maniera positiva: stava allo scherzo e si divertiva, ma si "vendicava" ed è stata una guerra continua. Lo prendevamo in giro per come si vestiva a volte, lo punzecchiavamo. Uno scherzo che ricordo è stato quando abbiamo firmato tutti col pennarello indelebile dei pantaloni bianchi di Gagliardini (ride). Tutti episodi che aiutano a fare gruppo e unire una squadra. I siparietti tra Ranocchia e Brozovic erano divertentissimi, credo durino tuttora". 

IL 2020 E IL LOCKDOWN - "Abbiamo vissuto un anno assurdo, chi se l'aspettava? Voglio però vedere il lato positivo: è nata la mia prima figlia giusto una settimana prima del lockdown, e quindi ho potuto vivere il parto e tutte le emozioni accanto a mia moglie. Calcisticamente, l'Inter ha lottato su tanti fronti, riducendo il gap dalla Juventus in Serie A e centrando la finale di Europa League. Mancano, e tanto, i tifosi: stare senza pubblico, che ti dà concentrazione e adrenalina, è tristissimo".

FUTURO - "Il mio obiettivo era riuscire a fare un altro anno e smettere a 38 anni. Volevo farlo nell'Inter, non è stato possibile e non ho nessun rancore verso la società: li ringrazierò sempre per i sei anni che mi hanno fatto vivere in nerazzurro. Come portiere forse sto meglio adesso di quando avevo vent'anni, però capisco che le società non possano o non vogliano puntare su di me per l'età e la congiuntura economica. Credo che la mia avventura nel calcio giocato sia al termine, senza rammarico. Se arrivasse una chiamata, mi rimetterei in forma in una settimana (ride). Sto iniziando a pensare al mio futuro, ma non ho ancora definito le mie idee. Mi piacerebbe rimanere nel calcio, non so in che ruolo: spero in una chiamata, ma la vedo dura. Prenderei in considerazione Serie B e Serie C, ma credo che la situazione economica sia complicata e i portieri non siano una priorità. All'estero, invece, è ancora più dura: in molti paesi investono agli stranieri solo se sono nel giro della Nazionale. Penso a fare il papà e vedremo che succederà: ho un grande rapporto con Ibiza, potrei anche trasferirmi lì". 

STEFANO PIOLI E IL MILAN - "Non mi sorprende che stia facendo bene, e sono convinto che doti umane come le sue prima o poi ripaghino. Sta facendo delle grandissime cose, e mi aspetto che Juventus, Inter e Milan lottino fino in fondo per uno scudetto che sarà molto combattuto". 

I PORTIERI ATTUALI - "Come "scuola", secondo me quella italiana è sempre la migliore, a livello tecnico e di allenamento. Parlando di portieri, Donnarumma può diventare il portiere più forte a livello europeo e mondiale. Mi piacciono Silvestri e Cragno, che stanno facendo benissimo, ma anche Meret e Gollini. Ci sono molti portieri di qualità. Credo che Donnarumma sia il portiere più forte in questo momento, per età e qualità: ha mostrato un'enorme personalità a 16 anni e ha margini di miglioramento mostruosi. Il migliore al mondo resta Neuer, ma un portiere come Donnarumma, così forte a quell'età, l'ho raramente visto".

L'ARRIVO ALL'INTER - "Quanto il mio procuratore Davide Lippi mi disse che mi volevano come terzo portiere, nel 2014, gli ho attaccato il telefono in faccia dicendogli di cercarmi una squadra dove potessi giocare titolare in B o in C. La seconda volta, lo stesso. Pensavo fosse uno scherzo. Alla terza ho capito che faceva sul serio e non potevo rifiutare: tornare all'Inter, dov'ero stato da ragazzo, è stata un'emozione pazzesca. Quando ho firmato il primo contratto, mi tremava la mano. Handanovic spesso avrebbe voluto farmi giocare, però in ogni anno gli ultimi mesi e gli ultimi match sono stati turbolenti e complicati. Meglio che abbia giocato lui (ride)".

LUKAKU - "Romelu è un giocatore spaziale. Ha un fisico, e lo dico da appassionato, quasi da rugbista. Incredibile. Ma soprattutto, a questa prestanza fisica così enorme, abbina una tecnica pazzesco: io sono alto e "bello pieno", ma lui è più grosso di me di parecchio e segna tantissimo. Ha numeri pazzeschi. Potrebbe prendermi in spalla e trainarmi in giro per tutta Milano (ride). Scherzi a parte, è un ragazzo incredibile e di un'umiltà pazzesca, molto buono e dal carattere d'oro: credo che non sia ancora arrivato al suo massimo potenziale. Una punta con le sue caratteristiche mancava da tanti anni in Italia: come prima punta non ce ne sono così devastanti in Italia, mi ricorda tanto Bobo Vieri per lo strapotere fisico e per quel sinistro".

ERIKSEN - "Christian è un grandissimo professionista, un ragazzo molto umile che si è sempre messo a disposizione. Ha qualità tecniche enormi, che ha un tiro micidiale e può fare qualsiasi cosa. L'arrivo in Serie A dall'estero è molto tosto, ancor di più quando giochi poco: se in futuro giocherà di più, prendendo le distanze coi compagni ed entrando nei meccanismi, potrà dimostrare tutto quello che vale. Il giocatore non si discute, e personalmente lo adoro".  

HANDANOVIC - "Ritengo che Samir sia uno dei portieri più forti e importanti al mondo. Se solo avessimo ottenuto risultati migliori, si sarebbe sentito parlare molto di più di lui. Handanovic è stato il miglior portiere con cui io abbia giocato in carriera: completo in ogni situazione, dall'abilità coi piedi, alle uscite, alla reattività".

MAURO ICARDI - "Mi è dispiaciuto come si è conclusa la sua esperienza all'Inter. Mauro è un grande attaccante, siamo rimasti amici e mi dispiace che sia andato via dalla società che l'ha cresciuto ed amato nel peggiore dei modi, come non si meritava. Le colpe però sono di entrambe le parti, nè di uno nè dell'altro, di entrambi. Sono un "pacifista" e mi sarebbe piaciuto che l'Inter e Icardi si fossero lasciati in modo più armonioso. Quelli sono stati mesi difficili. L'Inter viene sempre presa di mira a livello mediatico, anche per le inezie, e mettere benzina sul fuoco non è stato bellissimo: poi però abbiamno trovato Lukaku, lui è andato al PSG segnando tanto e tutti sono felici. Da compagno di spogliatoio, mi sarebbe piaciuto che lui e la società avessero trovato un punto d'incontro, ma è andata così".

LA FIORENTINA - "Come ogni anno siamo sempre lì a lottare (ride). Da tifoso credo che stiano ricostruendo pian piano, con innesti importanti a livello di giocatori e con un allenatore importante come Prandelli, una base importante. La nuova proprietà è ambiziosa, e spero che nel giro di qualche anno la Fiorentina possa tornare a togliersi delle soddisfazioni". 

GLI AMICI NEL CALCIO - "Sono abbastanza fortunato, ho mantenuto tantissimi rapporti con dei ragazzi con cui ho giocato, anche dalla Ternana. Cristian Brocchi è diventato un amico e ci sentiamo spesso. Peruzzi da idolo è diventato amico. Ranocchia ed Eder sono persone che sento spesso, con Brozovic ci prendiamo in giro, e con De Silvestri siamo amici dal suo primo ritiro nella Lazio, quand'era molto giovane". 

IL NUMERO 46 - "C'è un doppio significato. Sono cresciuto a Firenze e poi nel Mugello, quindi ho visto anni e anni di moto e ho cresciuto la carriera di Valentino Rossi che è un pilota meraviglioso. Sudavo di più seguendo le sue gare "in piedi sul divano" con le telecronache di Guido Meda, che per le partite (ride). L'altro significato deriva dal giorno della mia firma con l'Inter: il 23, a Roma, viene identificato con il "bucio de c...". Non era libero e allora ho optato per la doppia "fortuna". Quindi il 46 è per Valentino, ma anche per la "fortuna" (ride)" .

LA "CRESTA" D'ERBA - "Quell'immagine è diventata virale sui social, lo so, e risale a un aneddoto divertente. Risale a un allenamento nella "gabbia", questo campo recintato e chiuso in cui vieni bombardato di tiri e la palla di fatto non esce mai, un allenamento davvero stancante fatto di mini-tornei a duemila all'ora da 3/4 minuti a partita. A un certo punto mister Mancini stava per rifischiare l'inizio, davanti a me ho visto questo pezzo di zolla strano, che sembrava una cresta: me la son messa in testa e ho detto "Mister, se possiamo aspettare un po', perchè mi stanno ricrescendo i capelli". Tutti hanno riso, abbiamo sdrammatizzato e io ho raggiunto il mio obiettivo: un minutino o due in più per respirare (ride)". 

LE SUE PASSIONI -"Ho un grande rapporto con la musica, è difficile scegliere una sola canzone perchè ascolto ogni genere e compro tantissimi vinili, soprattutto degli anni Sessanta e Settanta. Prima di entrare allo stadio, del gran rock. Giravo già con la musica prima che arrivasse questa tecnologia: giravo col mio box pieno di CD-Rom, li facevo partire e mi caricavo già allora. Ho due/tre meteoriti: conosco un geologo che ha contatti e gira nei mercati negli USA, e mi ha recuperato un paio di pezzi importanti. Un meteorite e un pezzo di Luna, che ho dedicato a mia moglie che si chiama proprio Luna: non sapevo manco che esistessero queste rarità, è stato un bellissimo gesto. Marco Donadel invece mi ha insegnato ad apprezzare l'arte: in un ritiro dell'U15 ho conosciuto lui, Pazzini, Aquilani, Gastaldello e tanti altri che hanno vissuto grandi momenti, e siamo rimasti amici. Donadel aveva un libro sull'arte e sfogliandolo mi resi conto che avevo della sensibilità per le opere che vedevo: nel tempo, sono riuscito a investire e acquistare delle opere che mi piacevano e mi facevano sentire bene. Sono un appassionato di Klimt e sogno di avere una sua opera in casa: se avessi un suo quadro, starei seduto sul divano ad ammirarla e non uscirei più (ride)". 

I RIMPIANTI - "Come dicevo prima, Luis Jimenez meritava molto di più. Dico però Matuzalem, che aveva qualità tecniche incredibili e avrebbe meritato delle grandissime squadre: la testa, però, fa tanto". 

GABIGOL - "Quando è arrivato qui, non aveva nè il ritmo nè la prestanza fisica per arrivare nel campionato italiano. Ci voleva del tempo, infatti nell'ultimo periodo era cresciuto molto dal punto di vista fisico e tattico e si notava una serissima differenza. Aveva bisogno di tempo e fiducia, cosa che spesso in Italia non viene data, quando non ci sono i risultati. A volte è sbagliato osannare così tanto prima di vedere in Italia, però lui aveva delle qualità notevoli e le ha tuttore. In Italia si vuole tutto e subito: arrivi, non segni e ti stroncano, poi fai due gol e diventi il migliore del mondo". 

LA PARATA PIÙ BELLA - "Piacenza-Ternana, una parata sopra la barriera veramente stupenda. Purtroppo ai tempi c'erano molte meno televisioni e non l'ho più potuta rivedere. Credo fosse nel 2004-05". 

LA PARTITA DA RIGIOCARE - "Un derby Ternana-Perugia con 17mila persone allo stadio, dove io ho commesso un errore. Giocavamo bene e vorrei rivivere quel match.. Non ho però nessun rimpianto: ho fatto ogni scelta con la massima convinzione e sono stato bene ovunque ho giocato. Magari facendo altre scelte avrei smesso di giocare prima, magari giocando di più mi sarei infortunato... Sono soddisfatto della mia carriera".

LA SUA TOP-11 - "Trovarne undici su 19 anni di carriera è difficilissimo. Davanti potrei mettere Icardi e Lukaku, ma vorrei mettere anche Quagliarella che conosco da una vita ed è uno degli attaccanti più forti del calcio italiano: lo conosco da quando avevamo 12 anni, stavo facendo un provino col Torino, lui era già lì e faceva certe rovesciate in allenamento che mi lasciavano a bocca aperta. Giocava da esterno allora, poi ci siamo ritrovati nelle varie Nazionali, che ai tempi erano un ambiente spettacolare perchè facevano davvero crescere i ragazzi. Comunque la faccio di getto, chiedendo scusa a chi resterà fuori, con un 4-4-2 che mischia amicizia e abilità. Peruzzi in porta, Gastaldello e Skriniar difensori centrali (giocarono insieme alla Samp, ndr), a destra De Silvestri e a sinistra Chiellini. In mezzo Brozovic e Kovacic, con Cancelo esterno alto a destra e Foggia a sinistra per avere tanta fantasia: sta facendo molto bene da direttore sportivo (Benevento) e lo conosco benissimo, giocavamo già insieme dall'Under-14. Davanti Lukaku e Icardi, chiedendo scusa a Fabio. Allenatore Pioli, puntiamo sul gruppo. Ma con tutti i giocatori che mi sono venuti in mente potrei farci un Mondiale, altro che top-11 (ride)".

© 2024 Nicolò Schira

Altre notizie - Interviste
Altre notizie